La Parrocchia, casa
di Dio tra le case degli uomini:
Comunità di
ministeri nel territorio.
Introduzione
a. “ Questo
è il mio corpo che è dato per voi “
( Lc. 22,19 )
Quale è il peso di tale espressione per noi e per le nostre comunità?
Il senso dello
stupore, della gratitudine, dinanzi a quel corpo donato per me: cosa ho fatto
io per ricevere questo dono e cosa comporta per me riceverlo e portarlo agli
altri?
Domande che
accompagnano il nostro ministero e che ci invitano a non abituarci a tale dono,
ma a sentirci sempre non degni di tale grazia.
“ O Signore non sono degno di
ricevere questo pane, ma di solo una parola e io sarò salvato“.
Quale è la portata di questa parola ?
In quel pane
ricevuto c’è una parola che va spezzata, di cui bisogna nutrirsi, che bisogna
condividere e spezzare con gli altri.
“ Beati gli invitati alla mensa
del Signore “.
Ecco la parola che riempie il cuore delle nostre comunità e che chiede
il nostro Amen, la nostra salvezza a quel progetto di beatitudine e di
felicità.
Essere
ministri del pane e delle parole, dire il proprio Amen per essere salvati, è
entrare nella logica di quell’amore che si fa servizio.
Questa è la
mia vita, il mio tempo donato: poterlo dire con forza attraverso il nostro
ministero!
b. La Parrocchia casa di Dio,
tra le case degli uomini.
Parlare di Parrocchia e di ministeri significa accettare di
addentrarsi in un discorso serio e impegnativo, la Parrocchia oggi ci appare come una realtà in forte movimento,
i ministeri, legati al nostro mondo di essere e costruire la Parrocchia , sembrano
sfuggire da una presa solidale.
Ma dobbiamo parlarne !
Il cambiamento
delle Parrocchie è diverso a noi ( si
pensi al numero dei preti che la animano in costante calo, al problema di parrocchie da accostare, ecc…), ma il contesto
ecclesiale si attende orientamenti chiari sulla figura delle Parrocchie, sui ministeri necessari farla vivere sui
legami e sul rapporto di questi ultimi con il territorio.
Si richiede un
esercizio di discernimento per un futuro della Chiesa che generi la fede nel
quotidiano della vita della gente.
La figura dei ministeri nella Chiesa
dice il carattere popolare e diffuso tra la gente di un bene prezioso per la vitalità dell’annuncio e
della trasmissione del Vangelo.
Se la Parrocchia
rimane lo spazio ideale per offrire ai fedeli un reale esercizio della vita cristiana,
come pure di essere luogo di autentica
umanizzazione e socializzazione, sia in un contesto di dispersione come di
anonimato, da qui i ministeri, esprimono
la responsabilità soprattutto nella cura. Abbiamo ben presente qui tutti coloro
che (sacerdoti, diaconi, consacrate, laici) si stanno dedicando con generosità
in favore della vitalità della Parrocchia.
Un grazie a voi tutti: non perdetevi d’animo e non lasciatevi
sopraffare dalla stanchezza, in Comunione con il Vescovo, in gioiosa fraternità
con noi presbiteri, in cordiale corresponsabilità con tutti i laici, continuate
la vostra opera preziosa e insostituibile.
1. Vivere il ministero in un luogo e in un
tempo
Chi è il
ministro?
Colui che vivendo nella chiesa entra in contatto con Gesù Cristo con la
sua Parola e il dono della Salvezza.
Poiché la Parola
abita un territorio è radicata in un
luogo, deve poter sviluppare la capacità di interpretare i nuovi fenomeni
sociali, per poter continuare a rendere presente nello spazio e nel quotidiano
la memoria eterna di cui è custode e portatrice.
Il mistero chiede una grande sensibilità ai fedeli laici, che sono chiamati
a svolgere il loro compito non solo in parrocchia, ma a partire dalla
parrocchia, su tutte le frontiere, i problemi, le attese dell’ uomo.
La Liturgia, infatti, è
impegno a vivere nella città e per la città!
a. la
figura di un ministero che accoglie e accompagna
Attraverso le trame della solidarietà che la Parrocchia ha saputo
generare, nei luoghi in cui ha saputo incarnare il Vangelo della Carità, la
testimonianza del ministro è quella di visibilizzare una Chiesa che accoglie
tutti, nelle situazioni più disperate e tutti accompagna, con fiducia e pazienza,
all’unico e medesimo Salvatore per accoglierne la parola e viverne la sequela.
La Liturgia educa a
costruire relazioni umane autentiche.
b. la
figura di un ministero semplice e umile
La Parrocchia
in quanto “chiesa tra la gente” con tratti diversi e complementari, si presenta
come un’istituzione vicina a tutti, capaci di valorizzare un occasione di
contatto come possibile punto di partenza per un vero cammino di fede fino alla
santità.
Per questo i
suoi ministri sono chiamati a manifestare gli elementi essenziali della fede terrena,
essi sono chiamati ad essere terreno di incontro e di annuncio della memoria
terrena, porta d’ingresso all’esperienza della fede terrena anche per molte
persone che, magari, se ne pentono escluse o si ritengono inadatte.
I ministri dinanzi a chi denuncia i limiti e la poca capacità di
testimoniare la fede, deve far emergere le potenzialità della comunità
parrocchiale e svolgere un ruolo di ingresso e di accoglienza, avviare con semplicità e nel
quotidiano, dialoghi, esperienze di contatto e di confronto sulle esperienze
religiose e sul territorio.
La Parrocchia
è ancora il tesoro prezioso che possiamo valorizzare come strumento capace di
integrazione, ai ministri è chiesto un ruolo attivo e di vigilanza, per essere
un valido contatto per scoprire e rinnovare l’esperienza cristiana.
La Liturgia è questa soglia di accesso, porta che
introduce ad una fede che deve crescere sempre di più.
2. Vivere il ministero come risposta vocazionale
alla vita cristiana
Il tratto qualificante delle nostre
parrocchie è quello di dare consistenza alla centralità dell’evangelizzazione
come servizio alla fede.
Come?
Attraverso il
profondo legame tra Parola e sacramento, come forma di trasmissione della
rivelazione nel tempo che fa la
Chiesa, quale segno visibile del Vangelo accolto per la vita
del mondo.
Parola, Sacramento e fede ecclesiale sono
così intimamente intrecciati ed esprimono il movimento con cui avviene la
missione.
Il ministro è
chiamato a coniugare, al di là di tutte le separazioni, la tensione tra
annuncio della Parola, celebrazione sacramentale, vita personale ed ecclesiale.
L’apostolo Paolo mostra che l’unità
della vita cristiana è “culto spirituale” (Rm
12,1) l’esistenza dell’uomo nell’alleanza, l’appartenenza al popolo di Dio.
L’annuncio
della Parola, la celebrazione eucaristica, la comunione delle vocazioni e dei
carismi, sono fattori essenziali che plasmano la libertà terrena dentro le
condizioni concrete della vita.
La vita umana
si accoglie in ascolto di un annuncio di salvezza (Parola) o si lascia generare dal dono che viene dall’alto (Santità o Preghiera) alimentando un
cammino e una storia cristiana delle persone e delle comunità.
La Liturgia ci aiuta a
rispondere ad una chiamata vocazionale per il servizio all’unico corpo, che è la Chiesa.
3.
Il ministero una responsabilità in parte
nuova
Chi
sono coloro che si affacciano alla porta della fede e della parrocchia?
Sostanzialmente
tre tipi di vicende umane:
Ø
Persone non battezzate che desiderano ricevere
il battesimo ad esempio i catecumeni,
(non sono molto ma
è prevedibile che il loro numero aumenti).
Occorre
che non solo la parrocchia abbia antenne per intercettare questa domanda, ma disponga
di un luogo per accogliere, una sorta di pronao all’ingresso del tempio, uno
spazio discreto prima di abitare la casa della comunità.
Ø
Poi ci sono la cui è rimasta latente e viene
percepita come incompatibile con gli impegni della vita adulta.
Hanno ricevuto
l’iniziazione cristiana ma la loro fede è rimasta latente e viene percepita
come incompatibile con gli impegni della vita adulta.
E’come una fede
sospesa, immobile, che ad un certo punto riprende vigore a partire da certe circostanza della vita, di
un incontro, di una sofferenza, dalla conoscenza di un gruppo, di un ambiente
ecc…
A tali non manca la
lingua e l’immaginario cristiano, ma tutto ciò è rimasto come in forma
infantile, e quindi la riscoperta da adulti appare come un nuovo venire alla
fede.
Ø
Infine ci sono i battezzati il cui battesimo è
rimasto sulla carta, sganciata dalla comunità parrocchiale.
Da parte loro si
tratta di riprendere una pratica sospesa e di rioccupare un posto dal quale si
sentono tenuti in disparte, ma di procedere a una vera rifondazione della fede.
Il loro bisogno è
certo quello di incontrare una comunità persuasiva per la sua vita liturgica, per le forme del suo annuncio, per lo slancio
della carità, ma anche di poter disporre di un cammino di ripresa della fede,
di imparare forse per la prima volta la
lingua cristiana, l’accostamento alla Parola, il senso dei gesti della fede.
Il ministro cerca di interpretare tali domande e si chiede: cosa
portano con sé? Che cosa chiedono e che cosa si attendono? Quale immagine di
parrocchia trovano? Quale spazio abbiamo per offrire loro un ascolto, una
esperienza autentica, un contatto reale, una prossimità che li aiuta a far
crescere il desiderio di riconciliazione?
Ecco le nuove figure ministeriali
che occorrono affinché la parrocchia sappia rispondere a questo nuovo appello,
e per rispondere a tale appello, la parrocchia non può vivere separate dalle altre
parrocchie, ma può immaginarsi solo nella rete della diocesi e delle parrocchie
vicine.
4. Il ministero con al centro l’Eucaristia
nell’essere Parrocchia tra le case degli uomini
“L’Eucaristia si
presenta come fonte e culmine di tutte le Evangelizzazioni, non è possibile
comunità parrocchiale se non si ha come radici e come cardine la celebrazione
eucaristica”
(PO
.6)
La Parrocchia è una “comunità
eucaristica”, ciò significa che essa è una comunità idonea a celebrare
l’eucaristia nella quale stanno le radici vive del suo edificarsi e il vincolo
sacramentale del suo essere in piena comunione con tutta la chiesa.
Ogni volta che
celebriamo l’eucaristia, cresce la chiesa, cresce il ministro, si effettua
l’opera della nostra redenzione e viene prodotta l’unità dei fedeli, che
costituiscono un solo corpo in Cristo.
L’Eucaristia per questo è il
Sacramento per l’umanità, per il territorio intero della parrocchia, il nuovo
popolo di Dio è tutto il popolo.
Il giorno del
Signore, include al suo Centro l’Eucaristia, va riconosciuta come momento
costitutivo della vita parrocchiale, motore segreto della sua missione.
La
celebrazione eucaristica non ci appartiene, viene dall’alto, ma noi
apparteniamo al Corpo del Signore per
essere speranza di vita e resurrezione per tutti gli uomini.
Non è
possibile nessun ministero, figura ministeriale, senza questo volto
missionario, se esso non abita continuamente presso il costato crocifisso di
Gesù, se non si mette alla duplice mensa della parola annunciata e del pane
condiviso.
“L’amore di Cristo ci sospinge, al pensiero
che uno è morto per tutti” (2 Cor 5,
14)
Questa stessa intimità con Cristo
crocifisso, con il mistero del Corpo dato e del sangue versato, è grazia che ci
rende partecipi dei sentimenti di Cristo e dell’amore che egli ci ha
testimoniato fino a morire.
Il mistero eucaristico allarga il nostro cuore e fa di noi delle
presenze realmente qualificate del comandamento della carità e della premura di
portare amore dove c’è odio, giustizia dove non c’è, verità dove c’è la
menzogna, calore dove c’è la freddezza, attenzione dove c’è solitudine.
Come la celebrazione eucaristica può
risultare il luogo veramente significativo dell’essere comunione tra le cose?
Qui ricordiamo due istanze
fondamentali:
Ø
La qualità delle celebrazioni e delle sue
condizioni pratiche.
Bisogna che si restituisca splendore alla
celebrazione eucaristica, ai suoi tempi e ai suoi ritmi, occorre che si considerino il numero
delle celebrazioni; è necessario custodire i momenti affidati all’ascolto, alla
preparazione, al canto, al silenzio, le figure ministeriali qui coinvolte, il
decoro delle chiese come luogo celebrativo, il clima complessivo delle celebrazioni.
Ø
Un annuncio della parola di Gesù come esperienza
di Vangelo viva, l’omelia e la preghiera siano vero alimento della vita
spirituale, togliendo ciò che sovraccarica la genuina bellezza dell’itinerario
di fede che il Vangelo dell’anno disegna
per la coscienza del credente e per il cammino della comunità. Anche la
preghiera liturgica quotidiana, le devozioni della vita parrocchiale, le forme
di ascolto e delle lectio che si praticano durante la settimana diventeranno il
terreno di cultura della qualità delle celebrazioni domenicali.
5. Il ministero nella comunione delle
responsabilità della comunità parrocchiale nel suo insieme
Non
c’è missione ed evangelizzazione efficace se non è contrassegnata dal segno
evangelico della comunione, se non dentro uno stile di comunione.
L’agire pastorale del ministro
deve mantenere il senso di due momenti essenziali: quello “domestico” che vive i gesti costitutivi della comunità
parrocchiale, quello “estroverso” che immagina tutti gli interventi che servono
i bisogni ministeriali e culturali delle
persone dentro l’interazione con altre parrocchie e con la diocesi:
Ø
al primo appartengono i gesti che fanno della
parrocchia la comunità credente: le forme dell’annuncio, le celebrazioni
sacramentali, la relazione fraterna, i giovani e le famiglie, gli itinerari di
fede ed i ministeri essenziali.
Ø
Al secondo appartiene l’ampio panorama delle
attenzioni e iniziative con cui la parrocchia insiste nel territorio e serve la
persona: caritas, lavoro, scuola, sanità, cultura, comunicazione e
volontariato.
La Parrocchia non è
sensibile come una porzione di territorio delimitata da un confine, ma va
intesa soprattutto come l’insieme delle persone che si riconoscono nella memoria di Cristo vissuta e trasmessa
in quel luogo, l’insieme delle persone che con questa memoria si identificano e
se ne nutrono e la trasmettono a loro volta. Tutto il libro degli Atti è
illuminato a questo riguardo.
Forse può aiutarci a comprendere la rilevanza
del volto che la comunità parrocchiale offre, in ordine al servizio di rendere
alla fede, una vicenda esemplare di conversione.
Mi riferisco
ad Agostino e agli anni decisivi che ha vissuto a Milano.
Qui ha “visto”
la Chiesa e ha
conosciuto i tratti fondamentali del suo volto.
A
visibilizzarla sono stati, in modo singolare, diverse figure ministreriali che
ha incontrato, molto importanti per lui:
la comunità eucaristica nel suo insieme.
E’ stato
questo incontro che, per grazia di Dio, lo ha condotto a “entrare” nella Chiesa.
Egli scrive: “vedevo la Chiesa popolata di fedeli chi vi andava in un
modo, chi in un altro gente di ogni ceto sociale – una comunità che a reso
agevole per Agostino capire che cosa ne starà al centro. Si ritrovano in fede,
insieme, con il Vescovo, attorno al Signore Gesù Cristo. Ambrogio diceva:
“Tutto abbiamo in Cristo e tutto è Cristo per noi”.
Non gli è
stato difficile nemmeno capire cosa costituiva l’ispirazione del cammino di
quella comunità.
Ambrogio
meditava: “E’ necessario triturare e rendere farinose le parole delle Scritture
celesti, impegnandoci con tutto l’animo e con tutto il cuore, affinché la linfa
del cibo spirituale si diffonda in tutte le vene dell’anima”.
Quel popolo
era incoraggiato a vivere la sobria ebbrezza dello Spirito: “Cristo sia nostro
cibo/nostra bevanda sia la fede / lieti beviamo la sobria / ebbrezza dello
Spirito”. Agostino ascoltava commosso questo popolo che cantava. Lo ammirava
soprattutto perché lo faceva anche nei giorni difficili. L’ebbrezza dello
Spirito diventava clima di gioia e di coraggio nella comunità. Diventava anche
esperienza di uomini e donne che si consacravano totalmente a Dio. Fu questo
clima a fare della comunità cristiana di Milano un giardino affascinante per
coloro che erano ancora incerti sulla fede. Non solo il canto contribuiva a
dare fascino e bellezza a quella chiesa: erano ancor più i martiri. Il vescovo
tributava loro il massimo onore e voleva che tutto il popolo leggesse la
propria esperienza di fede mettendosi in paragone con coloro che, per amore di
Cristo, avevano addirittura sacrificato la vita. Né mancava, a Milano,
un’attenzione al confronto con la società e la cultura del tempo. Erano
preziose, a questo riguardo, alcune personalità singolarmente dotate per
offrire un simile contributo.
Conclusione
Nella
situazione di oggi il ministro, non può sottrarsi al confronto con le persone e
con l’ ambiente nel quale si vive
Tutte queste condivisioni possono
diventare un modo di condividere le gioie e i dolori di ogni creatura umana.
Più profondamente, sono un modo
per fare dono a ogni uomo di ciò che l’apostolo Paolo chiede nelle sue preghiere
al Padre per i cristiani di Efeso:
“possa egli farvi comprendere a
quale speranza vi ha chiamato, quale
tesoro di grazia racchiude la sua eredità, con i Santi e qual è la
straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo
l’efficacia della sua forza che egli manifesta in Cristo”. (1,18-20a)