Se si esce dalla porta
laterale che si apre sulla piazzetta della Curia vescovile e ci si pone nel
centro, si ha una visione completa dei livelli costruttivi dell’edificio.Il
portale secondario, eretto nel 1731 per desiderio del vescovo Gabriele De
Marchis, si eleva su linee di sobria ed elegante architettura classica. Il
timpano curvo e spezzato reca al centro uno stemma cardinalizio raffigurante un
giglio sormontato da una torre su cui poggia una colomba. Sopra la cornice, un
cartiglio ricorda l’anno di costruzione e il nome del vescovo.
A destra, a circa
2 m. dallo stipite, un taglio verticale annota che la chiesa paleocristiana
terminava qui, mentre un arco murato ricorda che il Seminario era fino al
secolo scorso in diretta comunicazione con l’interno della chiesa.La parete è
interrotta da quattro monofore, quelle a sinistra del portale sono più antiche,
mentre quelle a destra risalgono alla fase successiva, allorché l’edificio fu allungato.
In basso, si può ammirare un originale e raro esempio di podio modanato in
opera quadrata, a doppio cuscino con profonda gola intermedia, di notevole
altezza (m.1,15) confrontabile con la sagoma del podio del tempio di Aesernia,
di Villa S.Silvestro presso Cascia e con quella degli altari 11 e 12 di
Lavinium. Al margine destro, sotto il campanile, fu rinvenuto l’altare modanato
con iscrizione dedicatoria MARTEI (cioè “a Marte”), costituito da due blocchi
congiunti a mezzo di una singolare grappa a coda di rondine esattamente al di
sotto dell’epigrafe. Secondo A.Zevi Gallina è più tardo rispetto al tempio;
sono possibili confronti con i 13 altari di Lavinium databili fra il VI e il IV
secolo a.C.Tra il campanile e il Seminario, nella medesima occasione fu
rinvenuto un thesaurus, cioè un donario per le offerte, del II sec. a.C.,
formato da due blocchi verticali di tufo internamente cavi e terminanti con
omfalos, rivestito da un cappuccio di bronzo saldato da quattro grappe di
piombo, fornito di orfizio per introdurre le monete. Il cappuccio bronzeo reca
un’iscrizione dedicatoria a Minerva e la menzione di due quattuorviri della
città.L’iscrizione è la seguente: Sex(tus) Cureilius C(ai) f(ilius) / M(arcus)
Caesius L(ucii) f(ilius) / Minervae LXX s(estertiis) / d(e) S(enatus)
S(ententia) f(aciundum) c(uraverunt). Epigrafe edonario sono databili in un
periodo compreso tra la costruzione del municipium e l’estensione della
cittadinanza romana, dopo l’emanazione della lex Jiulia (88 a.C.), e la
deduzione coloniale negli ultimi anni della repubblica. Questo tipo di donario
è piuttosto raro e diffuso solo in ambiente italico; esemplari simili sono
stati rinvenuti presso Arpino e Benevento.Nel donario furono rinvenute 46
monete, di cui la più antica è del 118 a.C. e le più recenti risalgono al 40
d.C, sotto l’impero di Caligola. Sia le monete che il cappuccio sono oggi in
possesso della Soprintendenza alla antichità del Lazio.