Due
antiche fonti, gli Atti della Passio di S.Restituta del codice di
Montecassino (sec IX) e di Gregorio, vescovo di Terracina, all'inizio
del sec XII, concordano e descrivono il martirio della Santa e di altri
convertiti, condotti fuori della città, in un luogo chiamato foro, situato presso un antiquissimum e aureum phanum, ove furono decollati; proprio lì, a persecuzione finita, fu eretta una chiesa consacrata a S.Maria e a S.Pietro.
Da
questi documenti si arguisce che l'edificio cristiano sostituì un
tempio pagano molto più antico e assai importante che si innalzava su un
foro, al di fuori della cinta difensiva urbana, quella in opera
poligonale, che escludeva l'area.
Altre
fonti, risalenti al 998 e al 1034, parlano invece di una chiesa
consacrata al solo S.Pietro Apostolo - "in foro" - cioè nella piazza
pubblica, per continuità storica sempre riservata ad attività
commerciali, come il vecchio toponimo "Piazza Mercato" suggerisce.
L'iscrizione sul portale, del 1100, fa cenno alla sola S.Maria cui è dedicata la chiesa sorta "ex idolis falsis".
Per
l'atto ufficiale e solenne dell'esclusiva consacrazione a S.Maria
Assunta però si dovrà attendere il 9 ottobre del 1155, allorché papa
adriano IV dedicò la chiesa alla Madre di Dio.
Numerose
fonti archivistiche documentano la chiesa, spesso indicata
dall'appellativo Maior, ma per elencarne purtroppo le distruzioni
provocate da incendi, terremoti, eventi bellici, saccheggi, o per
inventariarne i beni, elencarne le donazioni ricevute, registrarne le
ricostruzioni, gli ampliamenti, i restauri, gli ambiti territoriali, le
manifestazioni religiose.
Un'attenzione
più focalizzata a rintracciare le origini antiche del tempio si trova
in alcune descrizioni offerte da storiografi locali del '700, mentre
nell'800, sulla scia di memorie registrate dai viaggiatori stranieri,
alcuni compendi geografici e repertori enciclopedici situano con
sicurezza i resti di un antico tempio dedicato al dio Sole sotto la
chiesa.
Difatti
lo scrittore Francesco Loffredo e l'archeologo Carmelo Mancini
riferiscono di aver notato le sostruzioni di un tempio dedocato al dio
Sole e di un anfiteatro sotto la cattedrale ed una casa vicina. Nel
1961, durante i lavori di ripristino del pavimento della Cattedrale, si
notò un ampio e robusto lastricato calcareo che fu fotografato e citato
da mons. Gaetano Squilla, in un libro che sintetizza la storia della
chiesa soprattutto servendosi di preziosi documenti d'archivio; in
seguito un'altra opera del medesimo autore riporta, traduce e commentala
bolla di Pasquale II relativa ai confini e alle chiese della diocesi
sorana.
Ma
solo una scoperta fortuita nel 1974, durante lavori di sbancamento per
collocare in un locale sottostante la sacrestia un serbatoio per il
gasolio, permise di verificare la leggenda: dalla scoperta di un tratto
di podio modanato si avviarono le attività di ricerca e di scavo della
Soprintendenza archeologica per il Lazio, sotto la direzione della dr.
Anna Zevi Gallina.
Furono
portati alla luce parte del podio e alcuni settori della fondazione da
cui risultò che le pareti perimetrali della chiesa coincidevano con
quelle del tempio.
Nel
1978, sotto la direzione di Nicoletta Pagliardi e di Mario Lolli
Ghetti, si svuotò la galleria esterna addossata alla chiesa scoprendo
così che la modanatura continuava anche sul lato corto posteriore del
tempio e che la galleria, più tarda, era stata costruita su un banco di
terreno franato che aveva trascinato dall'alto reperti relativi ad una
seconda struttura, di cui furono posti in luce un lato perimetrale e il
podio modanato nell'anno seguente, che sorgeva a 4m. più in alto dal
primo tempio e divisa da quest'ultimo da una strada basolata.
Numerosi frammenti di altari, di antefisse, un donario, alcune monete si rinvennero nelle due campagne di scavo.
Dal
'75 al '79 fu progettato e realizzato l'intervento di restauro
conservativo della chiesa sotto la direzione dell'ing. Roberto Marta. u
rinforzato il manto di copertura della Cattedrale e del campanile e
sistemato il cortile del Vescovado; fu inoltre liberata la chiesa da
tutte le strutture esterne che vi si appoggiavano precludendo la visione
completa delle murature in opera quadrata e del podio.
L'intervento
di restauro fu condotto il modo "filologicamente" attento senza
privilegiare alcuna epoca in particolare, ma conferendo uguale
importanza a tutte le fasi costruttive, conservandole o almeno
documentandole: ad esempio, la monofora graffita all'interno, sulla
porta d'accesso all'ufficio parrocchiale, le monofore visibili
dall'esterno, il taglio verticale a destra del portale sul lato
sinistro, intendono documentare la struttura e la primitiva limitazione
della chiesa nella fase romanica.
L'ing.
Marta, abbassando il cortile del Vescovado ed eliminando la breve rampa
d'accesso alla chiesa, pose in giusta evidenza il podio, ma limitò la
funzione del magnifico portale settecentesco che restava, a suo dire,
"come una bocca spalancata sul vuoto".
L'interno,
libero dagli intonaci e dai marmi profusi negli anni '60, asunse
un'atmosfera più raccolta. Nel suo libro, il progettista presenta un
ampio repertorio iconografico e traccia lo sviluppo architettonico
dell'edificio nella storia.
In
un contributo del prof. Marcello Rizzello si puntualizza che
l'orientamento del tempio non è certo N-S, come affermato nella
relazione della Soprintendenza archeologica, ma grossomodo E-W,
riducendo quindi l'ipotesi che si trattasse di un Capitolium,
tradizionalmente così orientato.
Anche
in cartografia antica la chiesa, con il Vescovado ed il Seminario, è
senz'altro riconoscibile. Nell'altorilievo a stucco del '600, conservato
nel castello Boncompagni ad Isola del Liri, S.Maria è addossata alle
mura; con simile collocazione è rappresentata in una litografia
dell'opera di G.B. Pacichelli e in un cabreo dell'inizio del sec XVIII
dove s'intravvede l'edificio nella parte esterna dell'abitato e si nota
che il lato settentrionale si inserisce nel circuito murario. La
facciata appare ripartita e il campanile svetta su tre piani.
In
una pianta della fine del '700 (FOTO 1) redatta dall'arch. Giuseppe
Giordano, la chiesa è suddivisa in tre navate, l'area presbiteriale da
due muri che separano la zona centrale dalle due cappelle laterali in cornu Epistulae e in cornu Evangeli. si riportano anche la porta d'Abruzzi e l'ampio spazio riservato alla piazza antistante.
L'edificio
è riproposto in una litografia (FOTO 2) dei primi anni del sec XIX da
un punto di osservazione originale e inconsueto che privilegia il lato
settentrionale della chiesa; in primo piano, il fornice della porta si
apre accanto al bastione; tutto il corpo di fabbrica appare più
imponente ed elevato, forse per una raffigurazione infedele e fantasiosa
o per un minore interro in quell'epoca.