“Niente sotto il sole” verrebbe
da dire. Non ci troviamo anche oggi di fronte al tentativo di abolire la
domenica come giorno della festa, del riposo cristiano, attraverso proposte, in
parte già attuate, di un lavoro non interrotto, di negozi aperti, etc?
L’espressioni di S.Agostino sembrano riaffiorare anche sulle nostre labbra che
ci troviamo a parlare degli eterni e stessi problemi pastorali.
Evangelizzazione, iniziazione cristiana, carità, cammino sistematico degli
adulti, riscoperta del Battesimo, Confermazione, anno liturgico, mistagogia.
Temi pastorali che da Agostino a noi affondano le loro radici nella tradizione
della Chiesa e interrogano l’eterna separazione tra fede, celebrazione e vita :
tentazioni costanti per i discepoli del Signore di ogni tempo da superare. La
celebrazione, la liturgia, è la via del mistero, se la fede è la via della
verità, la vita la via della responsabilità.
1. Che cos’è la liturgia?
La liturgia cristiana è
l’attuazione della salvezza realizzata da Cristo nella sua esistenza terrena e
in modo speciale nel suo Mistero Pasquale (SC 5).
Essa è giustamente intesa come
l’ultimo momento della Storia della Salvezza, autentico avvenimento salvifico
nel quale continua a realizzarsi l’annuncio della salvezza effettuato nella
“historia salutis” e definitivamente attuato in Cristo.
Tutto ciò permette alla liturgia
di essere considerata anche “momento sintesi” di tutta la storia salvifica.
Infatti, la liturgia unisce e ingloba in sé: annuncio e compimento, profezia e
attuazione. Al centro di essa c’è sempre Cristo e il suo Mistero Pasquale in
quanto autore della salvezza voluta dal Padre e rivelata dallo Spirito Santo ai
suoi Santi Profeti. La liturgia appare, quindi, immersa nell’economia divina
della salvezza ed è inseparabile dal mistero di Cristo e della Chiesa (SC 2).
La liturgia in quanto opera
sacerdotale di Cristo e della sua Chiesa, è culto al Padre e santificazione
dell’uomo, esercizio del sacerdozio, culto pubblico ed integrale e azione
sacra. (SC 24, 33).
La liturgia è il luogo di
incontro e di dialogo dell’uomo e di Dio, mediante il mistero di Cristo, sempre
attivo e operante nel rito liturgico.
È la liturgia che manifesta il
mistero di Cristo e della Chiesa (SC 2, 35).
Per questo è fondamentale una
maggiore comprensione della sacramentalità della liturgia come storia di
salvezza che iniziata con l’antica alleanza, si è pienamente realizzata in
Cristo e continua ad attuarsi per mezzo della Chiesa soprattutto attraverso la
liturgia nella quale c’è anzitutto una iniziativa di Dio che richiede una
risposta dell’uomo: per questo occorre:
una maggiore formazione biblica;
una approfondita conoscenza dei
segni liturgici;
una partecipazione maggiormente
“spirituale” (coinvolgente tutta la vita) alla celebrazione.
Urge una saldatura tra parola,
sacramento, carità e quindi di una visione globale della liturgia vissuta come
“evento di salvezza” e come “azione di Cristo e della Chiesa”, attraverso:
la sottolineatura della
centralità e presenza di Cristo;
la comprensione della dimensione
simbolica della liturgia per saper andare oltre ciò che si fa e si dice, per
scoprire e accogliere proprio attraverso ciò che si fa e si dice, la presenza e
l’azione di Dio oggi nella mia vita e nella vita della Chiesa;
il superamento della sola
spiegazione di ciò che avviene nella liturgia per preoccuparsi di entrare nel
mistero, di esporsi alla Parola e di accogliere l’agire di Dio nella mia vita;
il ritrovamento di un equilibrio
tra la liturgia della Parola e la liturgia del sacramento (eucarestia): non si
tratta infatti solo di comprendere ma si tratta soprattutto di lasciarsi
coinvolgere dalla carità di Cristo;
la preoccupazione di un’omelia
più fedele alla Parola, più preoccupata di introdurre nel mistero
(mistagogica), più aderente alla vita.
l’attenzione a non fare il salto
dalla Parola alla vita (certo protestantesimo) ma dalla Parola al Sacramento perché
solo allora potrà venire fuori una carità autentica
2. Perché
celebrare?
La liturgia
è il luogo originario dove la comunità
dei credenti in Gesù Cristo si rivela e si manifesta come Chiesa e come
sacramento di unità, giustamente allora si può definire la liturgia come
“epifania della Chiesa”.
Infatti, la liturgia è la Chiesa in atto, la Chiesa che, essendo corpo
di Cristo, rende se stessa corpo di Cristo, unendosi all’offerta e al
sacrificio sacramentale del suo Signore. La liturgia, e in modo speciale
l’Eucarestia, realizza una duplice funzione, mentre assume il sacrificio della
fede e della santità di vita dei fedeli, fa di quel sacrificio che si celebra e
che il sacrificio del corpo di Cristo.
La Chiesa, comunità culturale
e liturgica, costruisce se stessa nello stesso tempo in cui celebra la liturgia
e in modo particolare realizza l’Eucarestia, sacramento del sacrificio di
Cristo, memoriale perpetuo del sacrificio della croce, vera Pasqua della Chiesa
e Pasqua cristiana.
“La liturgia è il culmine verso
cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la
sua virtù. Infatti il lavoro apostolico è ordinato a che tutti, diventati figli
di Dio mediante la fede e il Battesimo, si uniscano in assemblea, lodino Dio
nella Chiesa, prendano parte al Sacrificio e alla mensa del Signore”
A sua volta la Liturgia spinge i fedeli,
“nutriti dai sacramenti pasquali”, a vivere “in perfetta unione”, e domanda che
“esprimano nella vita quanto hanno ricevuto mediante la fede”.
In questa prospettiva conciliare
appare evidente come la
Liturgia sia da considerare il momento centrale della vita
cristiana, perché è in essa che si alimenta e cresce la fede ed è per essa che
la vita di fede può trasformarsi in testimonianza di carità.
La riforma liturgica auspicata
dal Vat II, purtroppo, pur facendo rilevare enormi progressi, si può dire che
non sia pienamente attuata.
Si nota ancora tra i cristiani
una profonda spaccatura tra fede e vita e una superficiale partecipazione alla
liturgia dovuta alla non piena comprensione della riforma stessa.
Mi preme
ricordare inoltre le affermazioni con cui il magistero conciliare sollecita ed incalza i pastori d’anime : “A
tale piena ed attiva partecipazione di tutto il popolo va dedicata una
specialissima cura nel rinnovamento e nell’incremento della liturgia. Essa
infatti è la prima e la più necessaria sorgente alla quale i fedeli possano
attingere uno spirito veramente cristiano; e perciò i pastori d’anime in tutta
la loro attività pastorale, devono cercarla assiduamente ed intensamente
perseguirla”.
Da ciò
appare chiara la preoccupazione del magistero: “I fedeli non assistano come
estranei ed inerti spettatori alla celebrazione eucaristica ma partecipino
all’azione sacra, consapevolmente, pienamente, ed attivamente, siamo istruiti
nella parola di Dio, rendano grazie a Lui offrendo l’ostia immacolata, non
soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui imparino ad offrire se
stessi e di giorno in giorno, per mezzo di Cristo mediatore, siano perfezionati
nell’unità con Dio e tra di loro, di modo che Dio sia finalmente tutto in
tutti”.
Una
partecipazione attiva richiesta dalla natura stessa della liturgia come ancora
ribadisce il Vaticano II :
“E’
ardente desiderio della Madre Chiesa che tutti i fedeli vengano formati a
quella piena, consapevole ed attiva partecipazione alle azioni liturgiche che è
richiesta dalla natura stessa della liturgia ed alla quale il popolo cristiano
(stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che dio si è acquistato)
ha diritto e dovere in forza del battesimo”.
Ne segue
che il sacerdozio comune dei fedeli realmente si attua nella partecipazione
attiva della liturgia in forza della dignità battesimale.
“Infatti
il sacerdozio ministeriale, mentre si associa al sacrificio spirituale dei
fedeli, ha il compito specifico di unire l’offerta di questo sacrificio come
quella che Cristo fa di sé al Padre, così che il suo sacrificio diventi nostro,
e il nostro possa essere (attualmente) il suo”.
Ma tutta
la bellezza e il fascino della partecipazione viene da ciò a cui si partecipa.
I misteri che Cristo ha vissuto per la nostra salvezza sono sempre presenti e
operanti per gli uomini di ogni tempo e luogo. Ed è la liturgia, lo strumento e il luogo dove questa
contemporaneità accade.
Di quì il
superamento del ritualismo o formalismo per fare della liturgia un momento
vitale attraverso :
un
linguaggio liturgico più vicino al linguaggio della vita;
una
maggiore verità dei segni dei gesti e dei ministeri : niente nella liturgia è
formale (l’importante non è fare, ma fare in verità);
uno stile
celebrativo in cui si tenga presente la necessità :
- di un
clima di silenzio che è il primo ingrediente della partecipazione attiva;
- del
superamento della frettolosità per dare senso a tutto ciò che si fa e per far
sì che la celebrazione sia piena di senso;
- della
massima sobrietà delle nostre parole e dei nostri gesti per dare il primato
alla Parola e al Rito: sobrii in ogni aggiunta nostra…
un
coinvolgimento vero dell’assemblea considerata non come “il pubblico” al quale
si offre un servizio ma “il protagonista” per primo della celebrazione;
una
proclamazione “scrupolosa” e “responsabile”, mai improvvisata, sempre preparata
(a livello di comprensione, di proclamazione e di atteggiamento spirituale)
della Parola di Dio: lettori davvero preparati e responsabili del servizio che
compiono: dalla proclamazione “dipende” l’efficacia della Parola di Dio e
l’aggancio con il mistero e la carità…”
una
preparazione attraverso il gruppo liturgico durante la settimana; ormai la
liturgia non si può più improvvisare,da parte di nessuno…
3.
Per chi celebrare?
Poiché la
celebrazione in cui si incarna la parola e il gesto del Signore non solo è
“segno efficace” in cui abita l’energia soprannaturale dello Spirito, ma anche
espressione che, con efficacia pedagogica, parla a tutto l’uomo è
necessario, valorizzare gli elementi
rituali della celebrazione per evangelizzare la carità in tutte le sue multiformi
espressioni.
Si necessita una liturgia impegnativa perché la
vita sia una lode a Dio e un culto gradito a lui nella carità, attraverso :
una
liturgia in cui entrano i problemi della gente
e del mondo;
una
liturgia in cui le persone si sentano interpellate e provocate a dare una
risposta, a uscire da comportamenti non evangelici, a praticare la condivisione
a misurarsi sulla carità….;
una
liturgia in cui si recuperi il senso pieno della condivisione dei beni ridando
valore alla colletta ( comunione dei beni, del denaro ma anche del tempo e
delle capacità) … ;
una
liturgia che educhi al volontariato;
una
liturgia che maturi vocazioni radicali come segno di una carità che fa compiere
scelte coraggiose “per il servizio” dei fratelli;
una
liturgia che non permette di fare festa senza tenere presenti gli ultimi vicini
e lontani.
Un
servizio di accoglienza dei fedeli
che accorrono per la celebrazione. La rivalutazione del servizio
dell’accoglienza, largamente esercitato
nel passato, offre alla sensibilità di tanti uomini e all’innata
attitudine femminile molteplici e
specifici spazi di impegno in modo da imprimere alle assemblee liturgiche uno stile di gioiosa fraternità umana e cristiana che introdurrà nuovi rapporti di
amore anche aldilà della stessa celebrazione.
La riscoperta del significato dei Riti di
offertorio.
Il rito
della presentazione dei doni per il memoriale – convinto – sacrificio
pasquale racchiude un grande valore
simbolico, spirituale,ecclesiale.
In esso
si possono presentare anche altri doni per i poveri o per la Chiesa stessa. In questo
contesto rituale si inserisce il servizio per la raccolta delle offerte.
Esso deve
attingere il suo genuino significato,personale e comunitario, nell’affermazione
del sovrano dominio di Dio su tutte le cose, nella libera e consapevole
donazione dell’esistenza e della multiforme laboriosità umana perché diventi
offerta viva a lode di Dio Padre associata all’ablazione di Cristo, nell’unità
dello Spirito Santo.
Il
servizio della raccolta delle offerte, a cui siano impegnate persone, in
precedenza o immediatamente prima della celebrazione appositamente designate,
deve svolgersi all’inizio della liturgia eucaristica.
E’necessario
perciò incaricare più ministri capaci e coordinati tra di loro, per una celere
raccolta.
Si
faccia però il possibile perché la
raccolta delle offerte e la loro collocazione, fuori dalla mensa eucaristica,
avvenga con discrezione e rapidità durante la preparazione dei doni, e non
oltre la preghiera sulle offerte.
E’sconveniente e non si può ammettere, in nessun caso, che
la raccolta venga completata durante la preghiera eucaristica, o che essa
venga anticipata durante il Credo o la
preghiera universale.
Si
aiutino tutti a comprendere la grandezza
del gesto offertoriale e della condivisione con le necessità dei
fratelli.
Infatti
la presentazione dei doni e la contemporanea raccolta delle offerte non sono
semplice gesto decorativo.
Sono
manifestazione concreta e comunitaria, quasi una verifica della sincerità di
comunione e di condivisione fraterna, come nella pratica apostolica (1Cor.
16,1).
Per
recuperare questa dimensione e sottolineare la generosa apertura a tutti i
bisogni e a tutte le opere sociali della Chiesa, è assai opportuno che il
celebrante, durante la raccolta, rimanga seduto alla sede, mentre si esegue il
canto conveniente.
La distribuzione della Comunione ai fratelli
ammalati : per sottolineare visibilmente l’intimo rapporto tra comunità liturgica e
comunità sofferente o in difficoltà, è
bene che il celebrante, prima del congedo finale all’assemblea, consegni al
Ministro della Comunione, che si porta all’altare, la pisside con la Santa Eucarestia da recare a
coloro che, in qualsiasi modo sono impediti, non sono fisicamente presenti.
“E’ una
espressione della presa di coscienza da parte della comunità che anche i
fratelli involontariamente assenti, sono
incorporati a Cristo e una profonda esigenza di solidarietà li unisce
alla Chiesa che celebra l’Eucarestia. Il servizio dei ministri straordinari,
che reca il duplice dono della Parola e della Comunione Eucaristica, se
preparato e continuato nel dialogo di amicizia e di fraternità,diventa chiara
testimonianza della delicata attenzione di Cristo che ha preso su di sé le
nostre infermità e i nostri dolori”.
Sono,
come vedete, carissimi fratelli, tre piccole mete facilmente raggiungibili se
ogni parrocchia si curerà un’adeguata catechesi mistagogica,se nella formazione
dei catechisti si baderà alla dimensione liturgica della catechesi e se ci si
impegnerà a dotare ogni parrocchia di una commissione liturgica o gruppo
liturgico.
A livello
diocesano ci sono già corsi per animatori liturgici. E’ necessario che si
moltiplichino anche nelle zone pastorali e possibilmente nella singole
parrocchie.
Ogni
comunità parrocchiale procuri, comunque, di inviare elementi a questi vari
corsi, per una specifica preparazione a beneficio della parrocchia stessa.
Una
maggiore unitarietà organica nella vita pastorale rifà il tessuto cristiano
delle nostre comunità. A questo guardiamo con fiducia!
La
reciprocità delle tre dimensioni dell’unica missione della Chiesa :
evangelizzazione, celebrazione, testimonianza resa, operativa e presente nelle
strutture diocesane, sorreggerà e animerà la vita delle nostre comunità
parrocchiali, rendendole soggetto di
annuncio, celebrazione e testimonianza.
Ma
soprattutto ridarà al cristiano la sua identità completa, quella di incarnare
le tre dimensioni battesimali : profetica, sacerdotale e regale.
A questo
guardiamo con fiducia e per questo vogliamo continuare a dare il nostro
contributo per scorgere finalmente novità “sotto il sole”.