ZONA PASTORALE DI SORA
COMPITI A CASA
Al termine del Convegno diocesano sul
tema, Questa è la nostra fede . La nuova
evangelizzazione per la trasmissione della fede, il Vescovo con il progetto
pastorale diocesano 2013/14, ci affida alcuni impegni, o se volete alcuni compiti
da fare a casa e per noi questa casa è la Zona pastorale, le parrocchie, i
gruppi e i movimenti.
E’
stato un Convegno molto soddisfacente “un respiro ecclesiale.. nel cuore della
celebrazione dell’Anno della Fede, ci
siamo lasciati provocare dalla proclamazione gioiosa che sigilla i passaggi
decisivi (Battesimo e Cresima) dell’iniziazione cristiana: “Questa è la nostra fede, questa è la fede
della Chiesa”,(p3e4) che si è prolungato
nell’Assemblea zonale del 24 giugno, il cui lavoro è presente ora negli Atti
già pubblicati, tra le vostre mani.
Siamo qui questa sera per guardare
avanti e per spronarci reciprocamente, rendendoci più consapevoli del tanto
bene che c’è ed incoraggiandoci ad affrontare con fiducia il rinnovamento
richiesto alle sfide del momento presente. Da ciò emerge l’impegno a recuperare
il cammino già percorso e individuare i “passi”
per il nuovo. Si tratta di sollecitare tutte le nostre comunità a vivere
l'esperienza del "camminare insieme",
valorizzando tutte le energie, così da rendere sempre più adeguato il nostro
impegno educativo e pastorale nei vari ambiti delle nostre attività. Abbiamo ascoltato la presentazione del nostro
Vescovo, a questo punto a me tocca dire
quali potrebbero dunque essere i “compiti a casa”.
1.
Il primo compito
da assolvere è quello di riscoprire e dare volto ad una “parrocchia
missionaria”.
Oggi
l’ambiente di vita per la Zona di Sora si è allargato e questo comporta che la
missione dilati i suoi confini e raggiunga le persone là dove abitualmente
vivono e trascorrono il loro tempo, con un progetto pastorale che la singola
parrocchia non sembra in grado di elaborare e realizzare. La situazione
pastorale della Zona di Sora, allo stato attuale, necessita di un lavoro di
maggiore comunione tra le Parrocchie e, quindi, tra i parroci. La presenza di
diversi sacerdoti permette, per il momento, di garantire i servizi delle
numerose celebrazioni di S. Messe presenti nel territorio, soprattutto nel
cuore città e noi se non stiamo attenti corriamo il rischio di eliminarne
qualcuna in periferia - dove la messa è l’unico momento della comunità – senza
avere il coraggio di fare un serio discernimento su quelle presenti nel centro
e poi , “con un pesante apparato liturgico-rituale-devozionale – con un numero
sproporzionato di Celebrazioni eucaristiche – che comprensibilmente non aiuta
le persone a fare l’esperienza del Cristo Risorto, e rischia di favorire solo
una “pratica religiosa di non credenti”, ( PP 9 ) chiediamoci quanta cura e
sollecitudine pastorale ci sia in rapporto a ciò che celebriamo.
Credo sia il caso di individuare prima
di tutto alcuni passi concreti per un cammino, nel tempo, per dare volto missionario alle nostre Parrocchie. Il titolo, che
può parere un po’ usurato e, di fatto, essere messo nel cassetto, indica una
responsabilità: che le nostre comunità si facciano carico di tutti coloro che
vivono sul territorio. Sono debitrici del Vangelo nei confronti di tutti. Una
Parrocchia chiusa e non accogliente non è missionaria. Quando si lascia che i
lontani, rimangano semplicemente tali, le nostre comunità non sono missionarie.
La situazione diffusa richiede certamente dei passi significativi in questa
direzione. Ma non mancano esperienze positive e significative.
Cosa fare? Siamo tutti chiamati a
seminare, a seminare sempre, senza stanchezza: il nostro primo problema non è
la risposta ma la proposta: avere pazienza, lasciare che i semi gettati
maturino. Siamo chiamati poi ad essere pescatori: si tratta di andare a largo,
di non stare fermi, di affrontare un ambiente liquido. Al di là delle immagini,
si tratterà di cercare le persone, e i giovani in particolare, là dove sono.
Siamo chiamati infine ad assumere anche l’immagine del pastore che
l’evangelista Giovanni ci descrive come uno che conosce le sue pecorelle ed è
da esse conosciuto; e inoltre, che va a cercare la pecora perduta, cammina
davanti a loro e dietro di loro per
avere il fiuto della gente, così
il nostro Vescovo, commentando il discorso di Papa Francesco. Solo così sarà
possibile constatare chi ha perso fiducia, chi
è rassegnato, chi si è ripiegato su di sé, chi è deluso, chi soffre, ma
soprattutto quali i sentimenti, le attese, le paure, le speranze, chi in fondo
vive nella cecità ed è privato della gioia della luce.
“Le
parrocchie devono essere dimore che sanno accogliere e ascoltare paure e
speranze della gente, domande e attese, anche inespresse, e che sanno offrire
una coraggiosa testimonianza e un annuncio credibile della verità che è Cristo”.
(PP5 )
Come far questo? Ogni parrocchia da sola? Continuando solo a
“dispensare” sacramenti?
La risposta che viene dalle linee
pastorali è : una pastorale integrata.
“ Le parrocchie non possono agire da sole: ci vuole una pastorale integrata in cui,
nell’unità della diocesi, abbandonando ogni pretesa di autosufficienza, le
parrocchie si collegano tra loro, con forme diverse a seconda le situazioni.”
( PP 5 ) Solo così l’annuncio può suscitare nei cuori una speranza di salvezza,
solo attraverso una rete forte di relazioni e di iniziative. Il compito serio
da fare tutti a casa sarà quello che le parrocchie della Zona, uniscano le
forze. Da una parte attrezzarsi dell’uguale esemplarità di itinerari conformi
della fede, nel tempo e nei contenuti, perché l’offerta sia alta e non “commerciale”;
e dall’altra offrire proposte culturali e spirituali diversificate e
trasversali, itinerari specifici per le
varie professionalità, facendo emergere così nuove risorse, ma soprattutto
rimanendo fedeli a se stesse. Nella misura in cui ci riusciremo, potremo
accorgersi anche, con sorpresa, di essere innovativi e capaci di
evangelizzazione. Non possiamo non proporci di ripensare la pastorale
parrocchiale e non, in chiave missionaria,
ripartendo dall’evangelizzazione
attraverso la Parola di Dio.
“Perché
l’annuncio della Parola per evangelizzare la fede? Perché la fede nasce
dall’ascolto[1]. Abramo diventa
modello della fede nel Signore e della via per la quale si diventa giusti
davanti a Lui: la sua risposta fiduciale si fonda sulla fedeltà della promessa
detta dal Signore a proposito della discendenza innumerevole. Per questo la
fede non rappresenta mai un’iniziativa umana, bensì è sempre una risposta
all’azione fedele e originaria del Signore”. ( PP10 )
Si tratta di porre seriamente in
evidenza che, in Città, vanno emergendo proposte di grande peso proprio sul capitolo
della missione. Dobbiamo parlare allora di evangelizzazione, di "volto missionario" da dare alle
Parrocchie, rinnovando l’iniziazione dei fanciulli coinvolgendo maggiormente
le famiglie; per i giovani e gli adulti vanno proposti nuovi e praticabili
itinerari per l’iniziazione o la ripresa della vita cristiana, riconoscere il
ruolo germinale che per la società e per la comunità cristiana hanno le
famiglie, sostenendole nella preparazione al matrimonio, nell’attesa dei figli,
nella responsabilità educativa, nei momenti di sofferenza.( PP 5).
In
particolare cosa chiede una pastorale
integrata?
·
di
aprirci ad una visione più ampia della vita ecclesiale, non ristretta alle
consuetudini e alle prospettive della propria parrocchia;
·
di
assumere con coraggio e con generosità i nuovi compiti che il nostro tempo
suggerisce come urgenti e che danno volto alla dimensione missionaria della
Chiesa;
·
di
vivere la collaborazione come un modo per riscoprire la propria vocazione
battesimale e la corresponsabilità nel comune servizio al Regno di Dio.
·
di
percorrere itinerari formativi, che partendo da motivazioni forti per credere
giungano a mostrare la bellezza della vita cristiana e in specie, di quella
laicale vissuta secondo il Vangelo…. buoni collaboratori generano nuovi
collaboratori!
In particolare
quali aree della vita pastorale può orientare una pastorale integrata?
Direi tutto quanto concerne la formazione.
Formazione a che cosa? Anzitutto a che si
prenda coscienza delle motivazioni profonde dell’ essere collaboratori pastorali
o dell’operare da missionari in un ambiente determinato. Non si dovrebbero
affidare compiti formativi a persone che non siano motivate cristianamente per
la qualità della loro vita personale, anche se mi rendo conto che non è una
cosa facile, particolarmente oggi. Noi sacerdoti, in particolare, dobbiamo
credere che il tempo dedicato alla formazione dei collaboratori non è sciupato.
In questo campo la Diocesi e la Zona Pastorale potranno offrire un maggiore
aiuto, studiando con gli stessi parroci e i consigli pastorali, itinerari
appropriati alle diverse esigenze. Perché? “Oggi
infatti, si chiede in Vescovo, su che cosa siamo chiamati a misurarci ?
a) la crescente ignoranza del cristianesimo
– e del cattolicesimo – nei suoi tratti essenziali e, quindi, sostanzialmente
con cristiani… non cristiani;
b) cristiani che operano molto
disinvoltamente un’arbitraria “soggettivizzazione” e “selezione dei contenuti
della fede;
c) una pietà popolare sclerotizzata, che può
ostacolare, più che favorire, l’evangelizzazione e la crescita nella fede.” (
PP 9 )
Un altro aspetto importante della
formazione dei collaboratori riguarda educarli alla “collaborazione”, cioè alla
capacità di lavorare in uno spirito di “comunione”, vista la facile esperienza
di litigiosità di cui il nostro territorio è permeato.
In
concreto:
“Anche la formazione degli Operatori
pastorali favorirà la pastorale dell’evangelizzazione. Pertanto la ripresa
dell’attività dell’Istituto diocesano di formazione teologica “S. Tommaso
d’Aquino” risponderà all’esigenza di formazione di laici che, avendo la prima
personale preparazione a livello parrocchiale e zonale, possono qualificare
ulteriormente il proprio bagaglio teologico-pastorale con la partecipazione ai
corsi dell’Istituto”. (PP24 e 25 ) La Scuola di formazione teologica, che
ogni anno offre itinerari per approfondire i contenuti della fede, ( pensate un
attimo a questo servizio che noi, abitanti a Sora abbiamo in casa e che invece
altri della diocesi devono fare chilometri per esserci e purtroppo a volte noi
siamo assenti ), la formazione dei nuovi catechisti, la formazione di animatori
per la catechesi agli adulti, itinerari di formazione rivolti agli adulti,
itinerari di preparazione al matrimonio e alla famiglia. l'avvio di una
programmazione più concordata con i catechisti, così da avvicinarsi a un modo
più omogeneo di presentare la proposta di fede, e gli stessi contenuti offerti
ai genitori, il coordinamento del numero e dell’animazione delle celebrazioni
eucaristiche, la distribuzione sul territorio dei ministri della Comunione, la
costituzione di animatori della liturgia, ben preparati, e in futuro, anche
inviati per l’eventuale sostituzione di noi presbiteri, in alcuni servizi
specifici. Molte di queste iniziative hanno già un taglio zonale, altre sono ancora
piuttosto circoscritte e andranno sempre più abbracciate. Come?
Forse alcune di esse potrebbero essere circoscritte
in cinque settori della Zona di pastorale.
Cinque
settori per una pastorale integrata:
Sora
1 (Cattedrale
e le sue Cappellanie - S. Restituta – Divino Amore )
Sora
2
( San Bartolomeo, San Giovanni Battista, San Silvestro con le rispettive
Cappellanie).
Sora 3 (San Giuseppe
Artigiano, San Ciro, Carnello ).
Sora 4 (San Domenico, Porta Coeli )
Sora 5 (Forcella, Pescosolido, Campoli
Appennini, Broccostella). Qui certamente sarà diversamente dalla città di Sora,
si coglieranno altre attese )
In queste Zone di pastorale integrata si
tratterà di individuare i luoghi specifici di ciascuno, centralizzando la
formazione e alcuni i servizi per una qualità di presenza nel territorio, con
responsabilità diverse, coordinate da un presbitero.
La pastorale integrata non annulla la parrocchia, anzi “la parrocchia è il soggetto primario della nuova evangelizzazione, è la
Comunità che genera alla fede e che a sua volta è generata dalla fede, ( PP
14 ) essa è l’unico riferimento. Dalla parrocchia bisogna partire e ad essa
bisogna ritornare, senza facilitare migrazioni selvagge, ma nel rispetto del
lavoro di ciascuno bisogna aiutare a far
sì che tutti si rapportino alla propria parrocchia. Qui noi presbiteri dobbiamo
fare attenzione: la gente è furba e ci usa, solo il parroco conosce e sa, e non
dobbiamo essere noi a facilitare alcune scelte. Per salvaguardare le linee
pastorali, le parrocchie faranno la loro programmazione, per questo i sacramenti vanno celebrati nella
propria parrocchia e solo in un'altra parrocchia, per motivazioni serie,
ragionevoli, lontane da forme di simpatie e con un premesso scritto.
2.
Il secondo
compito è quello di individuare bene i luoghi educativi per la trasmissione
della fede.
1.La
risorsa educativa della liturgia.
Il titolo può parere discutibile: non
altri luoghi educativi? E in che senso si può parlare di liturgia come qualcosa
che ha un valenza evangelizzatrice? In realtà, la liturgia è da riconoscere
come il primo e il più importante luogo educativo. Va anche riconosciuto come
opportunità dei lontani.
Se pensiamo alla liturgia nei confronti
dei fedeli, il problema è che si realizzi una fruttuosa partecipazione e che si
alimenti la fede in tempo reale.
Il Vescovo nelle indicazioni pastorali a
pag. 17 e 18, rimarca il valore
dell’evangelizzazione della liturgia. Ciò vuol dire prestare grande attenzione
alla Parola di Dio che viene proclamata. Inoltre le indicazioni del Vescovo
richiamano a qualificare l’intera
celebrazione con uno stile tale che
qualora in chiesa ci fosse qualcuno che è in crisi di fede o addirittura ne è
lontano, possa trovarvi una parola che illumina la sua mente e penetra il suo
cuore. Una intensità di preghiera e un raccoglimento che colpiscono.
“Questa consapevolezza dovrebbe spingerci a
rivedere il nostro modo di preparare e vivere soprattutto le celebrazioni
domenicali e festive, come le altre celebrazioni che coinvolgono i credenti e
perfino i non credenti, come matrimoni, funerali, feste religiose,
trasformandole in opportunità privilegiate per proporre o riproporre la bontà e
l’attualità della vita cristiana”.( PP 19 )
Il Vescovo pensa oltre alla domenica, a
quelle celebrazioni che normalmente vedono presenti persone “lontane”:
Battesimo, Sacramenti dell’Iniziazione
Cristiana, Matrimonio, Funerali.
Tutto questo riguarda, in modo speciale,
il Sacerdote. Ma va preso in carico anche dai laici. Tutti dobbiamo andare a fondo
delle cose, non limitarci a qualche aspetto esteriore, considerare il mistero
che si celebra e il suo significato, pensare a quell’urgente miracolo che è il
cammino di fede che deve attuarsi nel cuore della gente presente.
Una
cura particolare va espressa in riferimento alla celebrazione della Liturgia e all'educazione alla partecipazione
liturgica.
È nella celebrazione liturgica, infatti, che entriamo in contatto vero e
reale con il Signore ed i misteri della sua vita. Siamo chiamati a dare
importanza a quell'itinerario di educazione della fede che è l'Anno liturgico. “Del culto, ma in generale dell’intera azione
pastorale, la sola cura dell’esteriorità può degenerare nella spettacolarità,
nella moltiplicazione delle celebrazioni e delle attività cultuali, senza
promuovere una vera educazione alla fede e il cambiamento di vita che ne
consegue”.( pp18 )
Se dei passi avanti sono stati fatti
nella partecipazione, molto resta ancora da fare per una effettiva comprensione
della Liturgia e una partecipazione che non sia solo esteriore e superficiale,
ma piena e devota. Si tratterà di ripensare la loro animazione musicale e la
giusta proclamazione della Parola, insieme al decoro degli spazi liturgici e ed
una ministerialità più partecipata.
Si
tratterà di capire come il miglior luogo della trasmissione della fede è
infatti una comunità nutrita e trasformata dalla vita liturgica e dalla
preghiera. Quello della liturgia è pertanto uno spazio privilegiato per
testimoniare la fede in Gesù Cristo, che ci salva e ci strappa
dall’individualismo e dalla chiusura in noi stessi per aprirci alla
condivisione della fede con i fratelli. Ciò chiama in causa la necessità di
riprendere in considerazione il rapporto liturgia-catechesi, considerando anche
l’alto valore che la dimensione della bellezza, tipica della liturgia, può
avere oggi in chiave di “primo annuncio”. È necessario domandarsi dopo una festa: è cresciuta la fede
in Gesù Cristo? È cambiata un po' di più la vita cristiana dei «devoti»? È più
visibile il comandamento dell'amore nella comunità cristiana? È più vivibile,
più giusta, più umana la vita della gente nel nostro paese? E'
necessario che ogni comunità, ogni parrocchia, ogni Consiglio pastorale si
domandi: la nostra Comunità sta annunciando, nelle varie forme e attraverso le
varie sue attività, Gesù crocifisso e risorto, quindi il Vangelo, o sta facendo
solo devozioni e celebrazioni sterili, abitudinarie, stantie? ( PP 13 e 14 )
b.
Gli itinerari
della catechesi per l’iniziazione cristiana dei ragazzi
Constatando l’impegno generoso di
presbiteri e catechisti, nel riproporre, ogni anno, i consueti itinerari di
catechesi e la fatica nel coinvolgere i genitori, avvertiamo anche noi l’esito
spesso fallimentare in questi ultimi decenni. In effetti, la rivalutazione
della componente educativa insita nei percorsi di iniziazione cristiana ci
rende capaci di vedere meglio quale è l’obiettivo ultimo della nostra azione
pastorale: non tanto la trasformazione completa definitiva dei ragazzi in
cristiani adulti, quanto consegnare loro la grammatica elementare dei riti e
della preghiera cristiana; strumenti etici per apprendere le regole dei
comportamenti cristiani nei confronti dell’altro, del tempo, e del futuro,
della società. Occorre imparare a ridurre le attese nei confronti dei singoli
ragazzi, nei nostri percorsi di iniziazione cristiana, per aumentare invece il
grado di testimonianza, il grado di
fascino esibito direttamente da noi, dal nostro essere comunità. L’esigenza e la
necessità di un più consapevole e partecipato cammino di fede non deve
significare negare o rifiutare i Sacramenti, ma deve far emergere, nel dialogo
attento e paziente, la bellezza di un
itinerario offerto, al fine di poter accogliere in modo fruttuoso il dono dei
Sacramenti affidati alla Chiesa”.( PP19 )
Forse più che domandare la testimonianza
di vita di fede a delle famiglie, quali quelle dei nostri ragazzi, che non sempre
hanno gli strumenti per giungere ad un simile obiettivo, dovremo innanzitutto
saper mostrare il volto di una comunità che testimonia la sua fede. Più che
voler misurare in modo immediato i risultati della nostra azione educativa, dovremo avere la serenità di chi sa di aver
donato strumenti che, una volta sollecitati, saranno capaci di realizzare un
incontro reale e profondo con il Signore.
Quali le nostre difficoltà, Eccellenza?
Dobbiamo considerare almeno tre:
Esse riguardano i catechisti, esiguità
del numero, mancanza di ricambio, frettolosa preparazione, formazione non
adeguata spesso sia in riferimento ai contenuti, come alle istanze del nostro
oggi; i ragazzi che accompagniamo, privi di un progetto continuo dalla
celebrazione della prima comunione alla cresima; le famiglie con deboli motivazioni
e delega educativa.
Quali indicazioni?
A
livello pratico, le parrocchie sono tenute a strutturare il percorso della
catechesi per l’iniziazione cristiana, secondo il progetto catechistico della
Chiesa italiana. A partire dalla Prima Elementare, o dalla Seconda, è
indispensabile accompagnare la crescita dei ragazzi di anno in anno, senza
interruzioni. L’anno in cui non si celebra nessun sacramento non può essere
considerato un anno “vuoto” o inutile.
Ogni interruzione frantuma il progetto educativo in atto, e crea dispersione nelle famiglie e nei
ragazzi. E’, questo, uno dei motivi per i quali diversi ragazzi abbandonano il
percorso della catechesi dopo la Prima Comunione, per poi chiedere direttamente
il sacramento della Cresima nell’età giovanile o adulta, solitamente ormai
prossimi al matrimonio, ma senza aver vissuto alcun cammino di vita cristiana
da diverso tempo. ( PP 20 )
E’ necessario intrecciare l’esperienza
catechistica con altre esperienze. Sono infatti pochissime le ore effettive che
un ragazzo vive in un anno a contatto con la proposta educativa. Essa è
sproporzionata con il compito di plasmare la vita. Per questo si richiede di
disporre una serie di itinerari tra loro connessi, che comprendono sia la
catechesi specifica per il completamento dell’iniziazione cristiana, sia la più
ampia offerta educativa, attraverso quella pastorale
dei ragazzi, che promuove, sia con l’esperienza dell’ ACR presente solo in
alcune parrocchie - agesci, scout, come
con altri momenti, attività educative ludico - sportive per le diverse
fasce di età, insieme alla partecipazione ad alcune attività caritative,
alimentando in loro la gioia di stare insieme, come gruppo e il senso del
servizio e dell’impegno missionario verso i vicini e i lontani.
Ma
occorre imprimere ai cammini formativi uno stile di primo annuncio. “Conversione da una pastorale
prevalentemente del culto e dei sacramenti, ad una pastorale dell’annuncio. Alle fasce d’età oggi richiedono la necessità del primo
annuncio “. ( PP 14 e 15 ) Non
tutti i fanciulli avranno alle spalle una iniziazione familiare e pertanto sarà
necessario smuovere nel loro cuore il desiderio di un incontro con la realtà
del Vangelo, attraverso una testimonianza appassionata degli educatori e un
graduale inserimento nella conoscenza della comunità parrocchiale.
I
primi due anni del cammino dell’iniziazione cristiana possono costituire un
itinerario di riscoperta del
sacramento del Battesimo ricevuto e porre i ragazzi alla presenza di Dio,
Creatore e Padre ( vedi Catechismo CEI
Io sono con voi ). Il terzo e
quarto anno, costituiscono, assieme il secondo tempo del cammino, definibile itinerario
eucaristico-penitenziale (vedi
Catechismo CEI Venite con me). Il quinto
e il sesto anno un itinerario di maturazione
dell’appartenenza ecclesiale ( vedi Catechismo CEI Sarete miei testimoni ). Il settimo e l’ottavo anno un itinerario di
testimonianza ed impegno ecclesiale fino
a tutto il periodo dell’ adolescenza. Sappiamo che il percorso educativo alla fede
offerto ai ragazzi tra i 7 e i 12 anni è fortemente orientato alla Celebrazione
dei Sacramenti attraverso i quali si realizza e si compie l’iniziazione
cristiana.
Sarebbe
certamente riduttivo impostare il percorso formativo soltanto in riferimento ad
una preparazione immediata ai Sacramenti della Prima Confessione, Prima
Comunione e della Confermazione.
Si tratta di predisporli – educarli -
formarli ad alcune esperienze fondamentali necessarie per “ diventare
cristiani”, cioè esperienze di ascolto
della Parola e di educazione della preghiera.
È bene allenare i ragazzi ad accostarsi
alla Parola di Dio ed a trattenerla nel cuore.
La catechesi deve far risuonare abbondante la Parola di Dio,
attraverso una lettura guidata del testo sacro, alimentando l’importanza del
suo ascolto all’interno delle celebrazioni
liturgiche.
È bene poi accostare i ragazzi a momenti
di preghiera: adorazione eucaristica, rosario, via crucis, meditazioni per i
ragazzi ecc. In questo anno saranno rilanciate proposte diocesane per i ragazzi
animate dall’ACR e dal nostro Seminario Diocesano, incontri con ministranti:
occorre continuare con coraggio lungo questo percorso.
E poi sensibilizzare la partecipazione
alla celebrazione eucaristica della
Domenica!
Questo comporterà esperienze di
educazione alla vita liturgica con una attenzione dei catechisti al linguaggio
della liturgia e alla conoscenza del rito e delle preghiere della celebrazione
eucaristica, curandone la qualità del celebrare e ponendo le condizioni
possibili per una seria e bella partecipazione dei ragazzi. Principi e
suggerimenti pratici, capaci di guidare l’ inserimento progressivo e intelligente
dei ragazzi alla partecipazione alla Santa Messa, possono essere individuati
nel “Direttorio per la Messa per i fanciulli “ del 1973.
Infine, realizzare una vera sinergia
educativa con le famiglie, chiedendo
loro non solo un sostegno esterno, ma anche una collaborazione più intensa,
capace di esprimere il dono educativo proprio dei genitori. Il calendario
pastorale parrocchiale prevederà iniziative specifiche per i genitori. Non è
una novità, già in molte parrocchie si tengono incontri periodici. Occorre dare
continuità a questi appuntamenti ed eventualmente intensificarli, per
realizzare una duplice finalità: sostenerli nel loro compito di accompagnamento
dei figli e offrire occasioni per rilanciare il loro stesso cammino di fede. E’
bene ricordare in questo accompagnamento uno stile di particolare delicatezza,
per affrontare molte situazioni complesse: conflitti coniugali, disagi
derivanti da impegni lavorativi, problemi di salute, preoccupazioni di tipo
economico che mettono a dura prova il vissuto familiare e vi posso assicurare
le migliori disponibilità.
3.
Il terzo compito
è quello di far emergere il protagonismo, la partecipazione degli adulti e la
loro evangelizzazione.
“La
Catechesi degli adulti, la proposta dei
Centri di ascolto, la celebrazione della Lectio divina, sono soltanto
alcune possibili proposte educative della fede degli adulti. Possono diventare,
queste, veri e propri laboratori della fede, indispensabili particolarmente nei
tempi forti dell’anno liturgico. La pastorale familiare rimane attenta anche
alla formazione ordinaria delle Coppie di sposi e delle Famiglie. Il primo
processo educativo è rappresentato dalla partecipazione alla celebrazione
eucaristica domenicale: chiediamoci prima di tutto se gli orari delle Messe
festive sono calibrati sui ritmi e sulle esigenze delle Coppie , o piuttosto
dei soli ragazzi e anziani. L’accompagnamento educativo delle Coppie passa
anche attraverso progetti proposti da Movimenti ecclesiali internazionali,
quali l’Equipe Notre Dame (END), il Cursillo de Cristiandad, etc…E’ bello
avviare anche nella nostra Diocesi la proposta di tali Movimenti. E’ evidente,
pertanto, che l’evangelizzazione degli adulti passa attraverso la promozione
del Laicato e delle Aggregazioni Laicali.”(PP 23 )
Il riferimento agli adulti è fondamentale.
Mi domando: noi adulti- genitori, sacerdoti, insegnanti siamo davvero pronti a
lasciarci mettere in gioco, ripensare la nostra scelta di fede e il nostro
stile di vita? Non siamo forse anche noi chiamati non solo ad individuare
strumenti utili per la trasmissione della fede ai nostri ragazzi, ma anche a
rendere noi, più coscienti di ciò che siamo, più responsabili del futuro della
nostra fede e delle nostre comunità? Noi adulti con le nostre comunità siamo
chiamati ad accompagnare quel cattolicesimo
popolare - che caratterizza il volto ormai della nostra chiesa italiana –
di cui sono espressione tante richieste di sacramenti, insieme ad un patrimonio
di devozioni e di tradizioni fortemente radicate nel territorio( cfr PP12 e 13
), un confronto vissuto spesso da più di uno di noi con tanta fatica, se non
con fastidio; confronto che dà origine a tensioni, a continui dibattiti, a
rassegnate ingenue.
Eccellenza, noi non ne vogliamo fare
ancora una volta un tema da trattare o da studiare, ma come non rassegnarci
all’esistente? Cioè, come continuare a preparare ai sacramenti più per
abitudine che per convinzione. Si tratta di aiutare a compiere quelle
conversioni di cui si parla nel testo: passare dalla richiesta del sacramento a
risposte che non si limitano ai servizi richiesti, ma includono l’esibizione di
una testimonianza cristiana credibile fornita prima di tutto dal nostro modo di
vivere comunitario la fede.
Siamo disponibili, in particolare, a
quella formazione nostra che ci consente di diventare validi interlocutori per
offrire itinerari di catechesi per il completamento dell’Iniziazione cristiana
in età giovanile, la preparazione al battesimo come indicato a pag. 22 e 23 ?
Dove e quando ci dedichiamo a questa formazione?
E allora, “per una radicale conversione pastorale e una
conversione da una pastorale delle devozioni ad una pastorale della devozione” ( PP 12 e 13 ), una volta per tutte, si tratta di tener bene
ferma la convinzione che non c'è edificazione progressiva e consolidamento
della vita cristiana personale e comunitaria senza l'accoglienza nel cuore
della Parola di Dio. E' la Sacra Scrittura letta, predicata, meditata, pregata,
che distingue radicalmente la comunità cristiana
da qualsiasi altra società umana o gruppo religioso. Solo il costante ritorno e
la crescente assimilazione alla Parola di Dio trasforma la vita. Per questo la
celebrazione dell'Eucarestia e in genere ogni atto liturgico non prescindono
mai dalla proclamazione della Parola.
Dobbiamo riconoscere che nella prassi pastorale tradizionale, quantunque
sia cresciuta l'attenzione alla Parola di Dio, su questo punto c'è ancora molta
strada da fare per favorire l'assimilazione di questa mentalità evangelica, a
cominciare dal ripensare lo spazio concreto previsto a questo scopo nell'orario
settimanale delle attività pastorali.
Domandiamoci: quale spazio ha, oltre l'omelia domenicale, la Parola di Dio
nella vita cristiana della gente? Certo, si tratta di una meta impegnativa, che
non ha mai termine, dura tutta la vita, è un processo personale lento,
paziente, ha bisogno di proposte chiare, di scelte personali, di
accompagnamento, si arricchisce della testimonianza degli altri, e in primo
luogo della cura assidua di noi presbiteri e di quanti tra voi, in questi anni
- Eccellenza tra i nostri laici ce ne sono molti, cresciuti a contatto con la
Parola e con l’esperienza della carità, qui, nelle comunità e nei gruppi - la
cui responsabilità di essere oggi, uomini e
donne evangelici, è sì grande, ma è
decisiva e deve poter emergere come forza del nostro territorio. Li cercheremo,
li individueremo, vi chiameremo all’appello, è il Vescovo che con le linee
pastorali ci chiede di rispondere. Perché?
Se questo stile evangelico caratterizzerà la vita di un numero crescente di
persone, fermenterà le nostre comunità che
cambieranno volto e diventeranno poli di attrazione ecclesiale per chi vive ai margini della vita comunitaria.
Sono convinto che la formazione di una mentalità
evangelica così da aprire al senso della Chiesa, si realizzi solo attraverso l'ascolto quotidiano
della Parola di Dio. Da quello che mi è dato di conoscere
ci sono comunità parrocchiali nelle quali esistono esperienze settimanali di
preghiera con la Parola, ma è ancora un numero molto ristretto di persone. lo
credo che dovremmo impegnarci ad educare il nostro popolo alla preghiera personale
con la Parola di Dio, perché non smarriscano la loro identità e il loro vigore:
essi sono il nucleo della comunità che farà da fermento per gli altri.
Allora sì che il legame sarà forte fra
la comunità degli adulti e quanti ad essa sono iniziati. Anche nella Chiesa c’è
uno stretto vincolo tra la vita di una comunità e la sua capacità di
trasmettere la fede: la catechesi, intesa come specifico momento di istruzione
religiosa, non basta da sola a “far diventare cristiani” i nostri ragazzi. Siamo
chiamati, noi adulti, a trasmettere atteggiamenti e comportamenti tipici della
mentalità cristiana, diventare “testimoni” della fede, “educatori” vivaci e
intelligenti, “punto di riferimento” dei ragazzi, “animatori” della loro vita,
capaci di sapiente coinvolgimento dei genitori.
Presbiteri, genitori, catechisti,
animatori, siamo chiamati in primo luogo a testimoniare in modo appassionato,
coerente, trasparente la nostra relazione gioiosa con Gesù e ad edificare le
nostre Comunità, come luogo di fraternità, creare una piena comunione di
intenti e di amore.
Per
dare questa testimonianza comprendo che siamo chiamati a operare anche alcune
scelte, partendo dal quel cattolicesimo
popolare illuminandolo con una seria:
-ripensare
e formulare un nuovo modo di preparare e celebrare le feste e le processioni
nella zona;
proporre
due o tre itinerari di preparazione alla Cresima, con un coordinamento più
specifico, anche -quello della preparazione degli adolescenti, credendo prima
noi alla bellezza di un itinerario catecumenale;
-un
progetto di pastorale giovanile che investa di più sugli studenti ed
Universitari;
-una
proposta educativa e di sostegno per le famiglie che chiedono il battesimo,
nella propria parrocchia, dove c’è il fonte battesimale, sollecitando il suo
inizio al momento dell’annuncio della nascita, avendo accanto altre famiglie
della comunità;
-convergere
tutti nelle risposte della Caritas con l’esperienza dell’Emporio e altro per un
ascolto dei bisogni e le loro urgenze;
-far
vivere il Consiglio Pastorale Zonale,
con l’apporto di ciascuno, per il suo funzionamento scegliendo rappresentanti
seri e responsabili.
Eccellenza,
questa zona vuole essere ” complice e
compagni di viaggio nella grande avventura della nuova evangelizzazione,
disposti a percorrere strade antichi e sentieri nuovi, simili a un padrone di
casa che estrae dal suo tesoro cose
nuove e cose antiche ( cfr Mt 13,52) , guidati unicamente dal grande amore che
portiamo per la nostra Chiesa e per i nostri fratelli”( PP 26 ).