nella IV Domenica di Pasqua
Eccellenza Reverendissima, mons.
Adriano Bernardini, Nunzio apostolico in
Italia,
amati Confratelli
nell’Episcopato,
carissimi Sacerdoti, Diaconi, Consacrati,
stimate Autorità Civili e
Militari,
indimenticabile Chiesa-Madre di Ugento-S. Maria di Leuca,
dilettissima Chiesa di Dio che sei
in Sora-Aquino-Pontecorvo,
il Signore risorto è davvero
presente nel cuore di questa nostra suggestiva assemblea liturgica, che celebra
l’inno di lode all’Agnello vittorioso, in comunione con la Gerusalemme celeste, con
“la moltitudine immensa, che nessuno può contare, di ogni nazione, tribù, popolo e
lingua” (cfr. Ap 7,9).
Carissimi fedeli, e amici,
pur non conoscendo i vostri nomi,
le vostre storie personali, familiari, e sociali, né i vostri cammini
spirituali, sento che la vostra presenza e corale partecipazione sprigiona il
profumo intenso del balsamo della comunione; e condividendo la gioia della
preghiera fraterna, sentiamo già scorrere il flusso benefico di reciproci
affetti, grazie anche alla complicità di eloquenti e amorevoli sguardi. Tanto
basta, insomma, per non sentirci estranei, ma già amici e, soprattutto, membra vive
della Chiesa.
La vostra gioia esprime la
bellezza dell’essere Chiesa di Dio che cammina libera, umile, e confidente, nel mondo e per il mondo.
Questa nostra Chiesa oggi,
domenica, celebra la gioia della propria fede nel Signore, il Vivente.
Un autore cristiano antico, Melitone
di Sardi, in un’omelia del II secolo scrive:
“Sono io, dice il Cristo, sono io che ho distrutto la morte…che ho
trionfato del nemico. Orsù, dunque, venite, voi tutti popoli della terra,
immersi nei peccati: ricevete la remissione dei peccati. Sono io infatti la
vostra remissione, sono io la
Pasqua della salvezza”.
La domenica è l’ottavo giorno,
che segna il compimento della nuova creazione, e trova nell’uomo redento il
cantore dell’Amore che salva, come testimonia la moltitudine dei santi
dell’Apocalisse.
Così proclama un Inno della
liturgia pasquale bizantina:
“Una Pasqua divina è stata oggi rivelata…Pasqua nuova, santa, Pasqua
misteriosa…Pasqua che ci apre le porte del paradiso, Pasqua che santifica tutti
i fedeli…E’ il giorno della Risurrezione! Irradiamo gioia per questa festa,
abbracciamoci. Diciamo fratello anche a chi ci odia, tutto perdoniamo per la
risurrezione”.
Carissimi fedeli e amici,
la Parola del Signore oggi ci aiuta a comprendere in profondità il
mistero del Signore risorto, offrendoci tre immagini suggestive riferite a Gesù Cristo, e nelle quali possiamo intravedere, come in
filigrana, anche il significato teologico e pastorale del ministero del Vescovo
nella Chiesa.
Cristo è presentato come il Servo della Luce, come il Pastore che raduna il
suo gregge, e come l’Agnello immolato, salvezza dei redenti.
Anche il Vescovo è costituito, ad
immagine di Cristo, come Maestro, Pastore, e Santificatore della Chiesa.
1.
Gesù e’ il Servo del Signore e luce delle genti
Accogliamo Gesù come Servo della
Luce per tutte le genti, “in fines
terrae”.
Nella prima lettura Paolo e
Barnaba decidono di rivolgere l’audace annuncio della fede soprattutto ai
pagani. E’ un’iniziativa nuova, straordinaria e sconvolgente. E hanno bisogno
di dare valore e giustificazione a questa loro strategica scelta: perciò citano
il profeta Isaia, nel passaggio in cui Dio, parlando della missione del suo
Servo, il futuro Messia, annuncia:
“Io ti ho posto per
essere luce delle genti,
perché tu porti la salvezza sino all'estremità della terra” (At 13,47).
perché tu porti la salvezza sino all'estremità della terra” (At 13,47).
La Costituzione Lume
gentium apre proprio con queste parole:
“Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello
Spirito Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni
creatura (cfr. Mc 16,15), illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo
che risplende sul volto della Chiesa (n. 1).
Cristo Gesù è “luce delle genti”,
luce di chi crede, luce per chi non crede, luce per le nostre famiglie, luce
nelle tenebre delle molte paure, luce nei nostri litigi, luce nei nostri pianti
nascosti, luce nelle nostre disperazioni, ma anche nelle nostre insopprimibili speranze.
La vera luce, Cristo, è gioia, è
pace, è consolazione, è verità, è senso di vivere.
Gesù Cristo è Luce perchè è il Logos,
la Parola: Logos
significa che Lui è il senso della storia, è la chiave della nostra esistenza,
è il custode dei nostri destini, è la via della vita, è la ragione delle cose,
è il significato dell’intero universo. Senza di lui tutto perde di significato,
svanisce il senso dell’essere e dell’esistenza.
Questa luce di Cristo si riflette sul volto della
Chiesa perché essa la diffonda a tutte le genti.
Sì, miei cari, “la Chiesa esiste per evangelizzare” la luce di
Cristo. Portando a tutti la
Parola, dona a tutti Cristo, quale luce attesa e desiderata,
ma molto spesso sconosciuta, o addirittura drammaticamente contrastata.
Il Signore mi manda in mezzo a
voi come primo evangelizzatore della Luce di Cristo, “ministro della sua
Parola”, annunciatore e testimone della sua luminosa verità.
Chiedetemi, allora, di annunciare
sempre e soltanto ciò che vuole Dio, ciò che Dio pensa e desidera da noi, ciò
che a Dio piace per il nostro vero bene e progresso.
La luce della Sua Parola potrà
illuminare, attraverso di me, e se voi lo volete, la vostra coscienza, educare
la vostra libertà, alimentare la vostra speranza.
Ma proprio per questo pregherete
per me, perché io per primo acquisisca la sapienza del cuore, e possa riconoscere,
accettare e annunciare soltanto la volontà di Dio, per la vostra vera gioia.
Mi ammonisce s. Gregorio Magno,
nel suo scritto “La regola pastorale”:
“Il pastore d’anime deve essere discreto nel tacere e utile nel parlare,
perché non riveli ciò che deve essere taciuto, o abbia a tacere ciò che sarebbe
stato bene dire apertamente…Spesso per timore di perdere il favore popolare,
pastori superficiali temono di dire con franchezza quello che è giusto debba
essere detto” (cap. 4).
2. Il
Pastore buono che raduna il suo gregge
La Parola di Dio oggi ci
consegna una seconda immagine per comprendere il mistero di Cristo e il
ministero del Vescovo: Gesù si presenta oggi, IV domenica di Pasqua, come il “buon
Pastore”.
In verità, il motivo della nostra
esultanza oggi è proprio Gesù, perché “il Dio della pace ha ricondotto dai morti il
Pastore grande delle pecore”
(Ebr 13,20).
Tutta la sinfonia letteraria del
capitolo dieci del vangelo di s. Giovanni ci rivela il cuore di Cristo: Egli si
presenta ai suoi con un procedimento di auto-rivelazione dove, alla pari di
Dio, può dichiarare di se stesso “Io sono”,
e manifestare il suo divino amore per noi, la sua premura per il gregge.
La bontà di Gesù Pastore è
riflesso della bellezza del suo amore misericordioso e tenero, universale e
gioioso.
Vi leggo un brano di Agostino
sulla bellezza di Gesù (Enarrationes in
psalmos 44,3):
«Per noi dunque che Lo riconosciamo, il Verbo di Dio ci venga incontro
in ogni occasione bello: bello quale Dio, Verbo presso Dio, bello nel ventre
della Vergine, dove non abbandonò la divinità e assunse l'umanità, bello
bambino appena nato…bello nei miracoli, bello anche nella flagellazione. Sì,
anche nella flagellazione…se consideri la misericordia per cui per te, per tuo
amore si era fatto ridurre così….
Bello quando invitava a seguirlo, bello quando non ha disdegnato la
morte, bello quando è spirato, bello quando è risorto: bello sulla croce, bello
anche nel sepolcro, bello nel cielo».
La bellezza del Mistero di Cristo
si incarna e si rende visibile, concreta, godibile, nella bontà del suo cuore
di Pastore.
Con la sua voce amorevole il Pastore chiama e richiama, riunisce
e guida le sue pecore; esse hanno imparato ad ascoltare, a riconoscere e ad
obbedire solo al suo amore, e non alle lusinghe di mercenari e ingannatori.
Il Vescovo è configurato a Cristo
quale pastore della Chiesa, per essere in mezzo a voi sacramento della sua
bontà, della sua premura, della sua sollecitudine per tutti.
Il Papa Francesco nell’omelia
della Messa Crismale, riprendendo un tema a lui molto caro, ha chiesto a tutti
i pastori di portarsi addosso l’odore delle pecore, visto che sono chiamati a
impregnarsi delle loro preoccupazioni, necessità, dolori e gioie.
S. Agostino, nel discorso 46 scrive:
“I pastori non debbono pascere se stessi ma le pecore, sicché questo è il primo motivo per cui vengono rimproverati tali pastori: perché pascono se stessi e non le pecore. Chi sono coloro che pascono se stessi? Son coloro dei quali dice l'Apostolo: Tutti cercano i propri interessi, non gli interessi di Gesù Cristo…Oltre ad essere cristiani, per cui dovremo render conto a Dio della nostra vita, siamo anche vescovi, e quindi dovremo rendergli conto anche del nostro ministero”.
Cosa chiedere al vostro Vescovo?
Che sia buono nel cuore, custode del vostro vero bene, nell’animo e nelle
opere, buono negli affetti e nelle relazioni, buono nel discernimento e nelle
decisioni.
Pregate perché io sia per voi la Sua voce, e insegnandovi a
seguire Lui, facciate esperienza di Vita vera; chiedete che io sia la voce del pastore che chiama la pecora
perduta, che solleva e porta sulle sue braccia quella ferita, o stanca, o malata,
o scoraggiata.
Il cuore del vero pastore si apre
a tutti: non conosce preferenze, se non quelle per i più deboli, per chi rimane
indietro, per chi è in ritardo nella speranza, per quanti non ce la fanno più,
per quanti sono considerati dalla nostra società soltanto un peso, in
particolare gli anziani, i malati, i più poveri, le persone fragili, come anche
quelle ferite dal fallimento dell’amore.
3.
L’Agnello che dona la vita
Carissimi fedeli, e amici,
fin dove arriva l’amore del Pastore?
Di cosa è capace l’amore di
Cristo?
“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i
propri amici” (Gv 15, 13).
La pagina dell’Apocalisse ci consegna
la terza sorprendente immagine di Cristo:
è l’Agnello immolato, vivo e vittorioso:
“Io, Giovanni, vidi…tutti stavano in piedi, davanti al trono e davanti
all’Agnello…Sono coloro che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide con
il sangue dell’Agnello” (Ap 7,9 ss.).
L’apostolo Giovanni ci rivela uno
squarcio di paradiso e ci mette in comunione con la liturgia celeste.
Noi siamo una Chiesa composta da
peccatori perdonati, rigenerati nel sangue dell’Agnello. E tutti noi, oggi, partecipi di questo banchetto
eucaristico, siamo la moltitudine dei credenti e dei redenti, che con la grazia
del Corpo immolato e del Sangue versato, veniamo rinnovati dal suo Amore.
Così la nostra esistenza
degradata dal peccato, dalla malizia, dall’egoismo, dalla menzogna, dall’insulto
denigratorio, dalla malevolenza, dall’aggressione, dall’ingiustizia, dal
profitto, dall’edonismo, dall’effimero piacere, può sperare sempre nuovamente
nel perdono del sangue dell’Agnello immolato.
Al Vescovo è consegnata la
missione di custodire, vegliare, difendere la santità della Chiesa, sposa di
Cristo. Esercitando la pienezza del sacerdozio di Cristo, il Vescovo ha il
gravoso compito di santificare la Chiesa di Dio con la Parola e i Sacramenti.
Non dimentichiamo le parole
dell’Apostolo Paolo:
“Cristo ha amato la
Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa,
purificandola con il lavacro dell'acqua mediante la parola, e per presentare a
se stesso la Chiesa
tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e
immacolata” (Ef 5, 26-27).
Carissimi fedeli e amici,
il buon pastore pronuncia anche
parole che interpellano la vita, parole di chiamata, insistenti inviti a
seguirlo: Venite…vi farò pescatori di uomini.
In questa Giornata mondiale di
preghiera per le vocazioni mi preme parlare soprattutto al cuore dei più giovani
tra di voi.
Sono sicuro che tanti di voi
partecipano regolarmente ai sacramenti, pregano, meditano la Parola di Dio, tanti di voi
si formano nelle aggregazioni ecclesiali.
Carissimi giovani, Gesù chiama
per nome! Ci conosce e ci invita a riconoscere la sua chiamata a seguirlo.
Saprete ascoltare la voce della
chiamata di Dio con libertà interiore, senza freni e resistenze, senza paure e senza
calcoli egoistici?
Vi dico, con il cuore in mano e
la vostra vita nel mio cuore: Sappiate ascoltare la sua voce che risuona nella
voce della vostra coscienza.
Quanto grande e preziosa può
diventare la vostra esistenza vissuta nell’amore per gli altri!
Siate pronti a condividere la
bontà di Gesù, buon pastore, spendendo la vostra vita per la felicità degli
altri.
Non esiste ideale di vita più gioioso che
essere felici della felicità degli altri.
Il sì alla chiamata di Dio farà
della vostra esistenza una storia esemplare di dedizione, di servizio, di
sacrificio, capaci di sorprendere e di meravigliare, fino a scuotere la
coscienza di chi vive nella comodità del proprio corrosivo egoismo.
Ci assista tutti con la sua
materna intercessione la
Vergine dell’Ascolto e del Sì; a Lei, Stella della
evangelizzazione, affido tutto il mio ministero e il cammino della nostra
Chiesa diocesana.
Amen.